Lost Chapter of Runeterra

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    Nahua, il selvaggio- da approvare

    Totallynotme
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    Messaggio Da Totallynotme Mer Apr 13, 2016 11:46 pm

    Nahua

    29 anni, alto 1.90, particolarmente muscoloso, carnagione olivastra.
    Occhi verdi, capelli neri dread legati a coda di cavallo rasati ai lati.
    Torso nudo segnato da varie cicatrici, la schiena è percorsa da un lungo tatuaggio (es.Maori).
    Gli unici indumenti sono i pantaloni e le scarpe in pelle, ed una corda in cuoio con cui tiene l'arma sulla schiena mentre al collo porta varie collane di denti animali e da simboli totemici in legno.
    L'arma "Merah" è un enorme macuahuitil con varie decorazioni floreali.

    Nahua è un ragazzo semplice, poco istruito. Si mostra molto cordiale anche con gli estranei poichè nella sua comunità si è soliti aiutarsi a vicenda. Inoltre è molto empatico con ogni tipo di creatura, fintanto che non si dimostri aggressiva.
    Se messo in condizioni critiche però non esita a difendersi e, dunque a stordire, o in casi estremi ad uccidere l'aggressore. Solo una volta eliminato il pericolo prega per esso, come i suoi genitori gli hanno insegnato, così che la natura accolga il corpo morto per creare altra vita.
    Difficilmente si fa prendere dal panico ed è principalmente tranquillo, tranne che venga fatto del male a persone a lui care o se stesso, in quanto lui diventerebbe gradualmente più aggressivo fino a perdere il controllo. Nel caso perda il lume della ragione agirà in modo eccessivamente violento preso da istinti quasi animaleschi. Odia più di ogni altra cosa gli schiavisti.

    Nahua faceva parte di una piccola comunità nella giungla Kumungu ormai persa nel tempo e ignara del mondo esterno. Era povera e viveva grazie alla cacciagione e la raccolta di piante, un piccolo gruppo dove tutti si conoscevano e non si avevano grandi pretese se non sopravvivere e scherzare insieme.
    Pian piano, senza nemmeno accorgersene si spostarono verso gli estremi della giungla a nord, in cerca di cibo. Una virulenta piaga di piante carnivore stava crescendo, divorando ogni animale e lasciando poco o nulla alla comunità e costringendoli ad un continuo nomadismo.
    Era un giorno come tanti altri, Nahua e i suoi amici erano dediti alla caccia, come era loro solito. Seguirono le tracce di un grosso animale e, felici di sapere della presenza di una degna preda, si misero all'inseguimento della bestia.
    Tali impronte però terminarono bruscamente, lasciando spazio ad altre ben più umane ed a macchie di sangue. Il gruppo fu allarmato, ma la curiosità era troppa ed i cacciatori, meno di dieci persone, si spinsero oltre. Improvvisamente sentirono dei rumori, costanti ed uguali, rumori di legno che si spezza. Si nascosero rapidamente e si guardarono intorno. Kimo, il più giovane del gruppo, richiamò l'attenzione dei suoi compari e gli fece notare la scena che si svolgeva oltre la boscaglia, protendendo il dito in avanti.
    Qualcosa di totalmente nuovo si palesò davanti a loro, altre persone. Fisionomie non consuete, carnagioni chiare, vesti rosse e nere. Impugnavano accette ben rifinite, di una strana pietra grigia e liscia. Erano circondati da altri uomini, rivestiti di un' armatura nera e ben armati. Uno in particolare aveva varie decorazioni di bianchi teschi stilizzati sulle spalliere.
    Sedevano su trochi d'albero, mangiando i resti di un grosso orso, nel mentre ridevano sguaiatamente parlando una sconosciuta lingua.
    Kimo si arrabbiò ed esclamò a bassa voce:
    <Non vedete, quei demoni stanno distruggendo gli alberi ed uccidendo i nostri animali. Dobbiamo intervenire!>
    I presenti si guardarono tra loro incerti dato che non si sarebbero esposti in modo avventato a degli estranei.
    Kimo infuriato si lanciò all'attacco da solo, impugnando la lancia. Nahua lo fermò rapidamente:
    <Non lasciarti acceccare dall'ira, sono sicuro di poterli far ragionare, voi state qui e in caso di bisogno avvisate la comunità>
    Poteva evitare di interloquire con gli sconosciuti, ma era una condizione di necessità, non potevano permettersi di perdere nuovamente risorse o sarebbero morti di fame. Ma come gli aveva insegnato la madre, il miglior modo per risolvere un problema è quello dove entrambi vincono e trovano un'accordo.
    Uscì dal nascondiglio, con le mani alzate:
    <Salve stranieri, posso domandarvi una cos...>
    Non fece in tempo a finire la frase che gli uomini in armatura si alzarono e brandirono asce e spade, sbraitando cose incomprensibili.
    <Su su, possiamo ragionare>
    Gli stranieri però non sembravano comprendere le parole di Nahua, poichè continuavano ad avanzare urlando le stesse incomprensibili frasi.
    Il giovane dunque fece un segno con la testa per avvisare gli altri di andare e questi capirono al volo.
    Nahua impugnò la sua arma. Se la madre gli aveva insegnato la diplomazia, il padre gli aveva insegnato come far ragionare gli animali feroci, con una persona non sarebbe stato tanto diverso.
    Il più grosso di loro, dall'armatura decorata, alzò la mano, facendo un  veloce cenno. Tutti gli altri si fermarono e lasciarono spazio. Questo fece cadere la grande spada a terra, e caricò minaccioso verso il giovane cacciatore, pieno di se, tanto da non dover usare la sua arma.
    Nahua vedendo arrivare a tutta velocità l'avversario alzò la sua "Merah", preparando il colpo per poi sferrarlo rapidamente.
    L'uomo vestito d'armatura  ,nonostante la sua grossa stazza, riuscì a schivare l'attacco per poi contrattaccare con un montante, il quale bastò per mandare a terra Nahua. Questo era decisamente stato addestrato da un grande esercito e nessuno avrebbe osato affrontarlo, ma per il selvaggio era già troppo tardi.
    Gli altri uomini bloccarono Nahua velocemente benchè la volontà di questo fosse di rialzarsi.
    Preso dalla furia Nahua si dimenò, le pupille si fecero piccole, la vista si fece nitida e il battito cardiaco veloce.
    Lo sconosciuto si avvicinò interessato da quella reazione e, con un ghigno, squadrò  il giovane da testa a piedi facendo cenno con la testa ai compagni
    che iniziarono a picchiare il cacciatore selvaggiamente, tanto da fargli perdere i sensi.

    Si svegliò all'interno di una cella: piccola, umida e sporca.
    La testa faceva ancora male, rimbombava, le immaggini erano sfocate e il suono ovattato. Ma il riposo non gli era concesso. Pochi secondi dopo fu prelevato dalla cella contro il suo volere e trasportato lungo un corridoio da guardie che indossavano le medesime armature degli assalitori precedenti. Nahua non si reggeva in piedi, voleva solo riposare.
    Gli venne restituita l'arma e venne spinto bruscamente fuori dal locale prigioni, finendo in una estesa arena. Non riusciva ancora a comprendere quella luce accecante, le urla, i fischi e dove si trovava. Una decina di uomini, armati, vestiti di stracci erano intorno a lui. I pochi ricordi che seguirono sono frammentati, ma in queste scene vi sono elementi che abbondano: sangue, smorfie ed urla.

    Erano passati ormai anni, quanti? Lui non lo sapeva, ma aveva passato tutto quel tempo nel Carnaio ad uccidere per divertimento  sconosciuti, sotto gli occhi di pazzi che sedevano comodi sugli spalti a gradire lo spettacolo. A lui non restava altro che pregare per le vite che spegneva ogni giorno in quel macabro gioco.
    Aveva imparato la lingua dei suoi carcierieri e quella dei suoi  compagni di sventura, anche se in quelle prigioni non risuonavano altre frasi oltre: "Nell'arena!" o "Entra in cella, schiavo!".
    Ma anche nei tempi più duri si può creare buoni legami.
    Fece amicizia con molti dei prigionieri grazie alla sua indole pacata, ma sopratutto con un certo "Horici", un vecchio ioniano che praticava lo stile Wuju ma che venne venduto dal suo stesso villaggio, però l'anziano evitava sempre di approfondire, non voleva ricordare. Questo era vecchio e stanco, eppure sopportava, sarebbe morto per qualcosa di ben più onorevole, non si sarebbe piegato alla crudeltà dei loro carcerieri. Almeno così raccontava a Nahua.
    I  due parlavano ogni notte, cercando termini che in qualche modo entrambi potessero capire. Nahua gli raccontò della sua famiglia e dei suoi amici, e di come la sua felicità gli fu strappata durante una battuta di caccia.
    Finalmente, sebbene i tempi bui, stavano trovando qualcosa per cui gioire, cercando di dimenticare le loro azioni.
    Ma nemmeno la felicità era concessa agli schiavi.
    L'indomani i due si dovevano scontrare, poichè erano tra i combattenti più abili nel Carnaio, e gli spettatori desideravano da tempo uno scontro del genere.
    Horici si rifiutò, non avrebbe ucciso l'unica persona a cui voleva bene, aveva trovato la sua morte onorevole.
    Quando i due vennero prelevati, Horici, inscenò un malore, e quando le guardie si avvicinarono a lui le attacco cercando di strangolarle
    <Scappa ragazzo!>
    Ovviamente il vecchio fu subito fermato, ma aveva dato abbastanza tempo ai prigionieri rinchiusi per avvicinarsi alle sbarre e bloccare i secondini.
    Nahua non esitò, prese la sua arma ed inizio a correre per il corridoio.
    La stessa furia che lo assaliva durante i violenti incontri si risvegliò, voglia di vivere, di sopravvivere di...Essere libero.
    Essendo i polsi ammanetati non riusciva a brandire la sua arma al meglio ma ciò non importava, avrebbe neutralizzato tutti i soldati nel suo cammino a suon di testate e spallate dimostrando una forza inumana ed a passare oltre il cancello che portava all' esterno prima della sua chiusura.
    Continuò a correre come un pazzo, sfrecciando tra le persone una volta fuori l'arena, ricordando un'animale che scappa dal suo cacciatore. Vista sfocata, suono ovattato, era alla fine delle sue forze, ma era riuscito.
    Si ritrovò ben presto fuori dalle mura di Noxus, ed oltre, nell'ormai aperta campagna.
    Preso dalla stanchezza, ormai in un luogo sicuro, si accasciò a terra, bacio il suolo e pianse. Aveva perso un'amico, ma di certo non invano.
    Gli era mancato il mondo esterno. Gli era mancato persino il cielo, ma quel che gli mancava di più era la sua famiglia.

    Era felice, ma ben consapevole di aver sopportato orrori indescrivibili, cose che nessun'altro al mondo doveva provare. Fin quando sarebbe stato vivo, nessun essere umano doveva provare quelle stesse cose, mai più la schiavitù.


    Statistiche:
    Forza-18
    Destrezza-10
    Costituzione-16
    Intelligenza-10
    Saggezza-10

    Scusate per il bg un pò meh e molto probabilmente pieno di buchi,
    e l'assenza dei modificatori nelle statistiche, visto che non ho ancora afferrato la loro funzione.


    Ultima modifica di Totallynotme il Mar Apr 19, 2016 8:56 pm - modificato 1 volta.
    Sahira
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    Messaggio Da Sahira Sab Apr 16, 2016 8:21 pm

    Nah nah, ora va bene Very Happy
    flower Timbro malefico a te!
    Myridar
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    Messaggio Da Myridar Lun Apr 18, 2016 6:09 am

    Scheda e tratti messi, Archetipo Fighter assegnato, dobbiamo parlare delle abilità! Smile

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